Quando parliamo di assorbenza e capillarità della carta non ci riferiamo solo a quanto “beve” un foglio. Parliamo di come l’inchiostro penetra, si distribuisce e si fissa nella struttura fibrosa del supporto.
L’assorbenza indica la quantità e la velocità con cui un liquido viene assorbito; la capillarità descrive il modo in cui il liquido si muove all’interno dei micro-canali tra le fibre. Questi due parametri, insieme, determinano la resa finale in stampa e la lavorabilità in converting (taglio, piega, accoppiamento, laminazione, ecc.).
Scopri di più nell’articolo di oggi.
Perché assorbenza e capillarità contano in stampa
In stampa, l’obiettivo è avere un trasferimento di inchiostro controllato e costante.
Se la carta è troppo assorbente, l’inchiostro penetra eccessivamente: i colori risultano “spenti”, i dettagli perdono definizione, i testi fini si allargano (dot gain). Se invece l’assorbenza è troppo bassa, l’inchiostro resta in superficie, con rischio di sbavature, tempi di asciugatura lunghi, offsetting e problemi in fase di finitura.
La capillarità, dal canto suo, influenza l’uniformità del film di inchiostro: una capillarità irregolare può generare macchie, zone più sature e aree più chiare, rendendo instabile la qualità di stampa da un lotto all’altro.
Gli effetti nel converting: adesivi, accoppiamenti e coating
Nel converting, assorbenza e capillarità incidono sull’adesione delle colle nei processi di accoppiamento carta-carta o carta-film; sulla tenuta dei coating (vernici, primer, trattamenti superficiali); sul comportamento in piega e cordonatura, dove un supporto troppo rigido o disomogeneo può spaccarsi o deformarsi.
Una carta che assorbe in modo prevedibile consente di ottimizzare le quantità di colla e vernice, riducendo scarti, difetti e fermo linea. Al contrario, una capillarità eccessiva o non controllata può portare a zone di colla “asciutte” o troppo bagnate, con problemi di delaminazione o ondulazioni.
Come si misurano assorbenza e capillarità in laboratorio
Per trasformare la qualità in numeri servono strumenti dedicati e metodi standardizzati. Tra i test più diffusi troviamo:
- Test Cobb: misura quanta acqua assorbe la carta in un dato intervallo di tempo, espresso in g/m²
- Test di penetrazione dell’olio o dell’inchiostro: valuta velocità e profondità di assorbimento di liquidi specifici
- Prove di capillarità: analizzano il movimento del liquido all’interno del foglio in funzione del tempo
Questi dati permettono a cartiere, stampatori e converter di confrontare diversi supporti, qualificare i fornitori, impostare correttamente i parametri macchina e costruire specifiche tecniche chiare lungo tutta la filiera.
Benefici di un controllo qualità strutturato
Un controllo sistematico di assorbenza e capillarità porta vantaggi concreti:
- stabilità di stampa (meno prove, meno scarti e reclami);
- riduzione dei consumi di inchiostro, colle e vernici;
- ripetibilità tra lotti e maggiore affidabilità del prodotto finale;
- migliore comunicazione tra cartiera, stampatore e cliente finale, grazie a dati condivisi.
Per le aziende del settore carta, cartone e packaging, investire in strumenti di prova affidabili e in procedure di test ben definite significa trasformare un parametro “invisibile” in un vero vantaggio competitivo.
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Verso una filiera più efficiente e sostenibile
Controllare assorbenza e capillarità non è solo una questione di estetica di stampa: significa ridurre resi, ristampe, sprechi di materiali e consumi energetici. In un contesto in cui la sostenibilità è sempre più centrale, una gestione precisa di questi parametri contribuisce a processi più efficienti e responsabili, sia per carta vergine sia per carta riciclata.


